“Smetto quando voglio”: il generone romano alla riscossa. Autoreferenziale, autocompiaciuto, “de sinistra” quanto basta, trascina un’ideuzza per due ore fino all’autocombustione. Recitazione insostenibile tutta rigorosamente in romanesco (spiccano su tutti il protagonista e i due benzinai che parlano in latino), regia… Non si può chiamare regia, ma categoria scopiazzatura casereccia di sottoprodotti americani.

Senza stile, senza idee, non fa ridere, non fa piangere. Imbarazzante al limite dello spaventoso e per questo grande successo.

L’orrore è un genere che tira.