«Io non sono quel che sono». Così parla l’onesto Iago, onesto con se stesso; l’affabile e convincente Iago capace di conquistare la fiducia degli uomini (Otello, Cassio, Roderigo suo complice) e delle donne (dalla moglie Emilia a Desdemona) è il fulcro, il perno intorno al quale ruota il dramma della gelosia per antonomasia: “Otello”.«Per Otello il mondo è bello, gli uomini nobili e giustificano la loro esistenza nella lealtà e nell’amore – racconta Nanni Garella, regista di questa nuova produzione a cura dell’Arena del Sole Nuova Scena /Teatro Stabile di Bologna. Per Iago il mondo è abietto e volgare e gli uomini sono come animali, carogne che si divorano l’un l’altro; da un lato un’idea di mondo e della natura umana che volge lo sguardo alla convivenza, alla bellezza e armonia; dall’altro la totale assenza, machiavellica, di ideologia, il pragmatismo empirico più spregiudicato».
Ed è proprio il conflitto di queste due visioni del mondo che si ripercuote sul linguaggio dei due contendenti; l’aspetto più interessante di una delle opere più belle ed immortali di William Shakespeare. I ruoli di servo e padrone, che con lo svolgimento della tragedia iniziano un processo inesorabile di capovolgimento (come nella pellicola “Il servo” di Losey), la destrutturazione di un mondo a favore del secondo che con il suo “lato nero della forza” va a contaminare la visione otelliana degli uomini. Il tutto influisce sui rispettivi linguaggi. Quello di Otello scolasticamente elegante e fintamente ricercato viene contaminato, destrutturato dalla volgarità di Iago: «E resta solo un linguaggio sfasato e incerto, sconnesso e schizoide – continua il regista -. L’unica vittoria di Iago consiste nel distruggere la poesia, l’eroismo, la grandezza del generale Otello, infrangendo le certezze del linguaggio, spingendolo all’afasia, al balbettio, in una sorta di eloquio spezzato che somiglia tanto al monologo interiore della letteratura moderna di un Joyce o Beckett».
Nei panni di Iago un Maurizio Donadoni che si cala nelle vesti del diabolico attendente con una recitazione sanguigna, volgare, tutta giocata di pancia ed emozioni rancorose. Emerge l’intelligenza del personaggio ed al contempo la trivialità dei suoi comportamenti, in una duplicità che seduce e conquista. Di converso l’Otello di Massimo Dapporto risulta freddo e distaccato, mai completamente convincente; il suo passaggio tra la certezza dell’amore e sincerità di Desdemona ed il dubbio che si insinua rodendolo dall’interno risulta meccanico, artefatto, “scolastico”. Poco convincente. Già il testo shakespeariano punta forte su Iago, se poi anche la scelta recitativa non supporta il Moro, la battaglia è persa.
Ma anche un grandissimo come Orson Welles nell’omonimo film da lui diretto (1952), perde il confronto recitativo con lo sconosciuto Michael MacLiammoir nei panni di Iago. E’ il destino triste e segnato del personaggio.
I due si muovono all’interno di una scena dominata da un immenso velo bianco, sul quale le luci di Gigi Saccomandi ricostruiscono emotivamente i diversi ambienti della tragedia: la spiaggia dell’Isola di Cipro, i bastioni della fortificazione, gli interni delle sale in cui si consuma l’eccidio finale. Una scena uguale a se stessa, ma sempre diversa, dominata dal bianco su cui si stagliano le oscurità delle umane bassezze. Uno spettacolo godibile, in cui più che dall’effimero di scene, costumi, luci e sorprese di messinscena si viene conquistati dal potere della parola. Ed è una gran bella seduzione.
Titolo | Otello |
Autore | William Shakespeare |
Adattamento | Nanni Garella |
Regia | Nanni Garella |
Scene | Antonio Fiorentino |
Costumi | Claudia Pernigotti |
Luci | Gigi Saccomandi |
Interpreti | Massimo Dapporto, Maurizio Donadoni, Massimo Nicolini, Matteo Alì, Gabriele Tesauri, Angelica Leo, Federica Fabiani |
Produzione | Arena del Sole, Nuova Scena- Teatro Stabile di Bologna |
Anno | 2009 |
Genere | Tragedia |
Applausi del pubblico | null |
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