“Il mio nome è Dalton Russell. Fate bene attenzione a quello che dico perché scelgo le mie parole con cura e non mi ripeto mai. Ho progettato e messo un atto un piano allo scopo di eseguire la rapina perfetta ad una banca. Perché? Perché lo so fare.”
Con questo monologo dal sapore shakespeariano, sguardo in macchina e tono risoluto, Clive Owen ci introduce all’interno di una banca, di una rapina apparentemente senza via di uscita che ricorda molto Quel pomeriggio di un giorno da cani. Ma fate attenzione e mantenete un certo distacco da come il racconto si sviluppa sotto i vostri occhi, e non giudicate mai i personaggi perché in ognuno di loro alberga un lato oscuro. Perché nulla è come sembra.
Su questi presupposti Spike Lee costruisce un thriller teso ed avvincente che va oltre le consuetudini del genere e pur evocando una miriade di pellicole e citazioni, riesce nella miscela di creare un’opera assolutamente originale e dalle molteplici letture.
La prima rientra nei canoni del genere poliziesco, del film da rapina, con due uomini, l’assediato e l’assediante, il ladro ed il poliziotto, che giocano tra loro come il gatto con il topo; ma i ruoli tra i due sono tutt’altro che definiti e fossilizzati nelle aspettative degli spettatori. Non esiste bianco e nero ma diverse sfumature di grigio. E proprio su queste sfumature Lee si diverte come pochi a mescolare le carte e confondere quei pochi punti fermi che prima ti da per poi abbatterli subito dopo. Entusiasmante.
Il secondo livello di lettura riguarda invece la società americana e come è cambiata dopo l’11 settembre. Il film è ambientato a New York, nel Financial Distric e il tono plumbeo che il direttore della fotografia Matthew Libatique (Requiem for a Dream, Tigerland, Ogni cosa è illuminata) sceglie nel drammatizzare le sue immagini, sembra quello visto a Ground Zero in quel maledetto settembre di 5 anni fa.
Si diceva che dopo l’11 settembre il mondo non sarebbe più stato lo stesso. Forse così non è stato. Di sicuro però il cinema ha avuto un innesto di vitalità tematica ed emotiva non indifferente. L’attacco al World Trade Center ha suscitato al di là delle ferite fisiche su cose e persone, ferite molto più profonde che interessano il suo tessuto sociale ed interrazziale. Il fatto di allevare inconsapevolmente cellule dormienti terroristiche, viver loro accanto come perfetti vicini (vedi l’esempio Arlington Road sul terrorismo interno), frequentare la stessa tavola calda, ha creato una serie di lacerazioni sul senso di sicurezza e di fiducia nel prossimo che sarà dura ricucire. Il nemico non è alle porte, è accanto a noi, dentro di noi, è come noi. Buoni e cattivi non sono più individualibili, distinguibili. Così i rapinatori di Inside Man annullano ogni minima traccia di riconoscibilità, vestendo loro stessi alla stregua degli ostaggi con tute nere e maschere bianche, in modo da confondere le idee prima a noi spettatori onniscienti poi alla controparte delle forze dell’ordine. Nulla è come sembra dicevamo ed alla fine i ruoli tendono a confondersi l’uno nell’altro nella tonalità di grigi di cui sopra e le situazioni ad intorbidirsi a punto tale che ‘tutti colpevoli quindi nessun colpevole’. Ed echi d’intolleranza e pregiudizi che scatenano reazione sproporzionate all’offesa (vedi la sequenza del rilascio dell’ostaggio di origine indiana ma scambiato per arabo) sono centellinati lungo il racconto tale da creare, nella visione generale dell’opera, un ritratto dolente e decadente dell’America contemporanea.
Eccellente l’intero cast con un Clive Owen dal fatalismo ineluttabile; un Denzel Washington a forti tinte biancoscurali come e meglio che in Training Day; una Jodie Foster nel suo primo ruolo negativo e partner di un inquietante Christopher Plummer il cui volto è più espressivo di qualunque battuta possa mai pronunciare.
Spike Lee dopo La 25a ora ci dona un altro film di eccellente fattura, che incolla lo spettatore alla poltrona e riesce a mantenere altissima l’attenzione/tensione del racconto attraverso il solito uso creativo ed in alcuni passaggi straniante della macchina da presa.
Titolo originale | id. |
Regia | Spike Lee |
Sceneggiatura | Russel Gewirtz |
Fotografia | Matthew Libatique |
Montaggio | Barry Alexander Brown |
Scenografia | George De Titta Jr |
Musica | Terence Blanchard |
Cast | Clive Owen, Denzel Washington, Jodie Foster, Christopher Plummer, Willem Dafoe, Chiwetel Ejiofor |
Produzione | Universal, Imagine Entertainment, 40 Acres & a Mule Filmworks, GH Two |
Anno | 2006 |
Nazione | USA |
Genere | Thriller |
Durata | 129' |
Distribuzione | Universal Pictures |
Uscita | 07 Aprile 2006 |
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