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Autore:
Peter
Brook, Marie-Hélène Estienne
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Traduzione
in tedesco: Miriam Goldschmidt |
Regia:
Peter Brook |
Basato
su opere di: Antonin Artaud, Edward
Gordon Craig, Charles Dullin, Vsevolod Emil’evic
Mejerchol’d, Zeami Motokiyo, William Shakespeare |
Luci:
Philippe Vialatte |
Musica:
Francesco
Agnello |
Produzione:
Schauspielhauses
Zürich, Teatro Garibaldi di Palermo, Bart Production
s.à.r.l |
Interpreti:
Miriam
Goldschmidt |
Anno
di produzione: |
Genere:
monologo |
In
scena:
in turnè |
Note:
spettacolo in lingua tedesca sottotitolato in italiano |
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Peter
Brook, decano della drammaturgia contemporanea, parte
da una domanda primordiale: “Warum? Perché?”.
Attraverso questo quesito ancestrale, ripercorre la
visione del teatro da più angolazioni.
Brook inizia dalla sua nascita: dio, giunto al settimo
giorno e consapevole che gli uomini si sarebbero annoiati,
decide di inventare IL TEATRO quale svago e mezzo
per indagare l’essere umano. Visto che l’uomo
non può fare a meno di chiedersi: “Chi
sono? Chi ero? Perché vivo? Dove abita l’io?
Warum?”, la scena può diventare il mezzo
per provare a dare una risposta. Attraverso la magistrale
interpretazione/monologo/dialogo con il pubblico di
Miriam Goldschmidt (ipnotica e nel contempo istrionica),
Brook rende vive le questioni proprie del genere umano
e insieme penetra a fondo al motivo stesso dell’esistenza
del teatro. Il palcoscenico, infatti, viene definito
“un imbroglio”; “una polveriera”;
“pericoloso”. Eppure “solo quando
recito, vivo”; eppure “il teatro è
un conforto per i solitari”; eppure è
una porta, una cornice da cui entrare ed uscire.
La musica di Francesco Agnello (compositore, musicista,
regista e pedagogista teatrale nato nel 1960 in Sicilia)
amplifica, arricchisce e rende completo il dialogo
interiore della Goldschmidt (attrice che ha condiviso
molte delle avventure di Brook, fin dal 1971): risuonano
allora le voci e le riflessioni di Kostantin Stanislavskij,
Vsevolod Mejerchol’d, Antonin Artaud, Gordon
Craig, Charles Dullin, Zeami Motokiyo, e soprattutto
William Shakespeare. Il palcoscenico diviene il luogo
esimio per porre la domanda più imbarazzante,
quella che i bambini non si fanno scrupolo di ripetere
continuamente. “Perché, perché?”.
Infine la scena: nuda; bastano due sedie (una con
le ruote), la cornice di una porta e il diverso utilizzo
delle luci in sala, per trasformare la scenografia.
Il teatro è qui. [valentina
venturi]
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