Un
grande, immenso, bianco letto campeggia sull’imponente
ma essenziale scena de La vedova scaltra. Un letto intorno
al quale si muove la giostra di 4 personaggi in cerca
di una moglie, amante, diversivo, passatempo. Quattro
galantuomini europei – un francese, un italiano,
un inglese ed uno spagnolo – colorati di un macchiettismo
che fa tanto maschera carnevalesca sena mai sbrodolare
nella farsa, governati da un servo di ben quattro padroni,
tale Arlecchino, deus ex machina, commentatore e narratore
interno che guida la scena come un direttore d’orchestra.
Oggetto del desiderio Rosaura, una giovane vedova in
cerca di un buon marito, una discreta dote e perché
no, anche l’amore.
La vedova scaltra di Carlo Goldoni è “un
testo di transizione tra la commedia dell’arte
e la commedia nova. E’ un’idea carica di
echi sensuali ma anche di segreti e profondi simbolismi.
L’idea non è solo quella di una vedovella
in cerca di marito, ma vi s’intrecciano due percorsi:
quello dei cavalieri vogliosi di conquistare una preda
e quello della donna che cerca un uomo, un vero uomo.
L’incrocio tra i desideri dei pretendenti e quelli
della vedova è l’avventurosa partita da
percorrere” come racconta la regista dello spettacolo
Lina Wertmüller che in occasione del 300° anniversario
della nascita di Carlo Goldoni, incrocia per la prima
volta a teatro il commediografo veneziano. “Nella
rielaborazione – continua la regista - sono stati
eliminati, oltre alla sorella di Rosaura, alcuni personaggi-maschere
come Pantalone e il Dottor Balanzone. Un testo più
asciutto, nel quale la polemica tra vecchio e nuovo,
si concentra su Arlecchino. E’ lui il testimone
della ‘Commedia dell’Arte’, la maschera
su cui si riversano tutti i difetti degli italiani ma
che con la simpatia e l’allegria riesce a farsi
amare. Il nostro Arlecchino, anticipando il ‘Servo
di due padroni’, ne serve addirittura quattro
ma in realtà serve solo Rosaura. All’inizio
Rosaura è anche Venezia. Come Rosaura si prende
gioco dei suoi pretendenti, così Venezia tiene
sulle spine i suoi figli adorati, dal carattere litigioso
e criticone.”
Una giostra gioiosa su cui salgono con convinta partecipazione
gli ottimi interpreti Giovanni Costantino, Francesco
Feletti, Massimo Grigò, Elena D’Anna, Roberto
Valerio che ruotando intorno alla vedova Raffaella Azim,
si adoperano nelle loro strategie amorose attraverso
l’Arlecchino di una straordinario Gianni Cannavacciuolo.
Ed alla fine l’amore trionfa come giusto che sia
in una commedia, ma il sorriso accompagna vincitori
e vinti perché signori questa è commedia
dell’arte fatta di frizzi, lazzi e puro, sincero
divertimento. Da non perdere. [fabio
melandri] |
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