“la
guerra modella l’uomo a sua immagine e niente
lascia tracce incancellabili come la guerra."
Lo
trasforma inesorabilmente, lo annienta sul piano emotivo,
sentimentale, psichico, anche quando non lo uccide
fisicamente. E questo diventa un altro assunto fondamentale
contro le ragioni di ogni guerra, che vanifica alla
radice il primigenio compito di ogni uomo: vivere.
Christa Wolf
Le
Troiane,
considerato dalla critica moderna uno dei capolavori
di Euripide, con il suo accorato appello pacifista,
resta un caposaldo della drammaturgia classica di
estrema attualità. Lo scenario è quello
mitico-storico dell’epoca della guerra di Troia,
la madre di tutte le guerre. Le donne di Troia fatte
prigioniere, e in attesa di essere sorteggiate per
andare schiave dei guerrieri ateniesi, esprimono il
loro dolore; nella loro sofferenza rintracciamo quella
di tutte le donne di tutte le epoche storiche, compresa
quella dei nostri giorni.
Quando i Greci usavano la parola, e tramite la parola
riuscivano a penetrare l’animo degli spettatori
infondendo loro tutte le passioni umane, possiamo
parlare dell’uso sapiente di una scienza, capace
di attrarre e ammaliare l’attenzione di migliaia
di persone; non stupisce se oggi un’altra scienza,
quella tecnologica dei nostri tempi, sia altrettanto
capace di sedurre e affascinare. Mettendo insieme
queste due scienze, la multimedialità tecnologica
moderna e la parola antica, si perviene a un risultato
di potente suggestione e coinvolgimento emotivo.
Nella messa in scena di Reza Keradman il filtro con
cui sono narrati i lamenti, gli episodi di violenza,
i maltrattamenti fisici e la sofferenza interiore
delle donne di Troia, narrata da una voce femminile
che si investe nelle parti di Cassandra, Andromaca
e Elena, e due attori che rappresentano la figura
maschile prepotente e violento, sorta di Tazieh contemporaneo
che, facendo uso di un’arte antica del dramma
della tradizione iraniana, tesse il racconto e il
canto. L’impianto multimediale va ben oltre
la cornice scenografica grazie al il tessuto sonoro
creato dal Maestro Maurizio Gabrieli.
TAZIEH (lutto in commemorazione), è un’antica
forma teatrale iraniana, la cui nascita risale a 3000
anni fa, per ricordare il martirio del principe ereditario
SIAVOSH, per mano dei nemici. Questa tradizione con
l’arrivo dell’ islam in Iran si trasforma
in lutto per il terzo imam sciita (Hossein) da parte
del khaliffo. In questa forma teatrale gli attori,
che non sono professionisti, raccontano con un certo
distacco i santi sciiti e il loro martirio, in cui
i buoni cantano e i cattivi parlano con voce rauca
e brutale. Peter Brook si è ispirato a questo
modo di interpretazione e stile teatrale dove tutto
è ridotto all’ essenziale ed è
altamente codificato per realizzare alcuni dei suoi
capolavori. Uno stile di interpretazione che Berthold
Brecht tentò per i suoi personaggi .