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Autore:
Carlo
Goldoni |
Regia:
Giuseppe Emiliani |
Scene:
Nicola Rubertelli |
Costumi:
Carla Ricotti |
Musica:
Giancarlo Chiaramello |
Luci:
Pasquale Mari |
Produzione:
Vortice
- Teatro Fondamenta Nuove, Teatro Carcano, La Biennale
di Venezia, Teatro Stabile del Veneto "Carlo Goldoni",
Comune di Venezia - Assessorato alla Produzione Culturale |
Interpreti:
Giulio
Bosetti, Marina Bonfigli, Francesco Migliaccio, Nora Fuser,
Federica Castellini, Alberto Mancioppi, Umberto Terruso,
Sandra Franzo, Tommaso Amadio, Franco Santelli, Gregorio
Pompei |
Anno
di produzione:
2008 |
Genere:
commedia |
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“Todero
è il nome proprio della persona, e vuol dire
Teodoro. Brontolon non è il nome di famiglia
di Todero, ma un aggettivo che deriva da brontolare,
soprannome datogli dalle persone che lo conoscono
a fondo, e che spiega e mette in ridicolo il di lui
carattere inquieto, fastidioso, indiscreto…
Non vi è niente di più fastidioso, di
più molesto alla società, di un uomo
che brontola sempre; cioè che trova a dire
su tutto, che non è mai contento di niente,
che tratta con asprezza, che parla con arroganza e
si fa odiare da tutti. Todero in questa commedia non
è brontolon solamente, ma avaro e superbo…
Tutta la morale di questa commedia consiste nell’esposizione
di un carattere odioso, affinché se ne correggano
quelli che si trovano, per loro disgrazia, da questa
malattia attaccati.
E infatti qual maggiore disgrazia per un uomo, che
rendersi l’odio del pubblico, il flagello della
famiglia, il ridicolo della servitù? Eppure
non è il mio Todero un carattere immaginario.
Pur troppo vi sono al mondo di quelli che lo somigliano;
e in tempo che rappresentavasi questa Commedia, intesi
nominare più e più originali, dai quali
credevano ch’io lo avessi copiato.”
Così Carlo Goldoni spiegava la matrice del
suo Sior Todero brontolon, commedia rappresentata
per la prima volta nel 1762 presso il Teatro San Luca
di Venezia ed oggi riproposta dalla Compagnia del
Teatro Carcano di Milano diretta da Giulio Bosetti
per la regia di Giuseppe Emiliani.
“Todero è un egoista, è un avaro,
è un cattivo padre, agisce con la crudeltà
del dittatore ed a una prima lettura fa nascere solo
riprovazione” – racconta il suo interprete
Borsetti. E Todero è infatti l’avaro
capo-famiglia che tratta servitù, dipendenti
e familiari in funzione della loro utilità
alla causa che è quella degli affari del Padrone
Todero. Vive eremita chiuso nel suo studio dove muove
le fila dei suoi affari, economici e personali. Quando
alla nipote Zanetta si propone un giovane dai modi
garbati e di animo nobile, tal Meneghetto, pronto
a prenderla in moglie, nonostante la benedizione dei
genitori della giovane, Todero si oppone avendo già
promessala in sposa al figlio inetto del suo agente,
Nicoletto. L’obiettivo? Speculare sulla dote
della nipote.
Questo il canovaccio costruito dall’autore veneziano
e riproposto in stretto dialetto veneto con leggerezza
ed aderenza testuale da Giulio Bosetti, un mefistofelico
Todero, insieme a Francesco Migliaccio, figlio di
Todero e macchietta che si rifà alla tradizione
delle maschere veneziane, Nora Fuser madre di Zanetta
e prototipo di donna forte ed indipendente, Marina
Bonfigli nel ruolo della vedova aristocratica Fortunata.
Ma è tutta la compagnia nel suo complesso,
inclusi i giovani Federica Castellini, Tommaso Amadio,
Sandra Franzo, a girare per il verso giusto, a comporre
le tessere di un puzzle, che tra equivoci, colpi di
scena e dialoghi brillanti si va assemblando sotto
i nostri occhi, svelando caratteri e psicologie ancora
oggi riscontrabili nella vita quotidiana, in un intrigo
drammaturgico che tarda ad invecchiare, divertendo
un pubblico rispettosissimo della “sacralità”
del testo e dell’autore, ma pronto a scoppiare
in una fragorosa risata che sa di condanna ed assoluzione
dei personaggi anche i più controversi; Sior
Toledo Brontolon in testa.
[fabio melandri]
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