In
scena al Teatro Valle c’è il testo più
conosciuto e premiato (il Biglietto d’oro AGIS
(1994), il Premio Fondi La Pastora (1994), il Premio
Speciale per la Drammaturgia Europea (1994), l’Istituto
Internazionale del Teatro e del Piccolo Teatro di
Milano (1995), il Premio Media Sviluppo e Sostegno
all’industria cinematografica europea (2000),
il più recente Premio Opera Imaie (2007)),
scritto da Ruggero Cappuccio. Siamo a Carnevale, nel
castello del Viceré di Napoli, che si popola
di presenze insolite e suoni evocativi: si tratta
dei segni della sfida impietosa tra l’autore,
il genio, la bellezza e la morte conclusiva. Questi
i temi trattati in un dialogo serrato (amplificato
dall’utilizzo del dialetto napoletano) tra i
due protagonisti Desiderio (Claudio Palma) e Zoroastro
(Lello Arena).
Cappuccio si domanda se esista una relazione tra il
misterioso personaggio che ispirò i Sonetti
di Shakespeare ed la Napoli del periodo Barocco. Ne
emerge una storia lontana, il racconto fantastico
verso la ricerca del riferimento esatto per il celebre
e misterioso W.H. al quale Shakespeare dedica i suoi
centocinquantaquattro Sonetts. Un ritorno-apparizione
dello stesso Poeta, che a Napoli incontra un giovane
guitto napoletano: si confrontano due poetiche, ma
anche due città – Napoli e Londra –
che si mescolano al rapporto tra il realista Zoroastro
e il poetico Desiderio. La loro differenza è
evidente, come le opposte esperienze: l’uno
ha vissuto alla corte di Shakespeare, l’altro
è il povero reietto che ha dovuto inventarsi
una sopravvivenza, in attesa del ritorno del Poeta.
“Il senso del suono diventa il suono dei sensi
– dichiara Lello Arena –. Mi sono calato
ed in quel gorgo di passioni incandescenti, senza
che la mia comicità alterasse minimamente gli
equilibri malinconici e dolenti del personaggio. Diciamo
che volevo vedere se riuscivo a “guastare”
uno spettacolo tanto perfetto che ha sempre raccolto
il favore del pubblico”.
La messinscena, essenziale, per tutta la durata dello
spettacolo è dominata dai due protagonisti,
a parte l’evocazione del mondo shakesperiano
prodotto da attori marionette. La regia è di
Cappuccio stesso: è un teatro di parola, dove
si incontrano vernacolo evocativo e musicale e i toni
echeggianti nelle atmosfere di Shakespeare, a cui
fa da collante la tradizione napoletana barocca.
[valentina
venturi]