Le
illusioni, la ricerca dell’amore, il bisogno
di avere un coito, la solitudine, la disillusione,
la vita. L’arrivo di Estrella (una convincente
Crescenza Guarnieri, il cui accento argentino lascia
increduli e catturati per tutta la durata del monologo)
nel El Primer Mundo (il Primo Mondo, è proprio
così che viene percepita l’Europa in
Centro America), rappresenta la fine delle illusioni
e lo scontro con la realtà quotidiana, che
porta in serbo un abito rosso indossato “solo
una volta dalla padrona” da usare con cura;
la consapevolezza che ormai “si vive in attesa
del giovedì”; il ricordo dell’amore
mai consumato con Santiago che si schianta nel teatro
con un urlo muto.
Estrella lavora come serva in una famiglia borghese.
La Guarnirei tiene l’attenzione dello spettatore
su di sé, è perfettamente in grado di
muoversi con semplicità e naturalezza all’interno
della scena che rappresenta una stanza, arredata da
un tavolo e una sedia. Sullo sfondo uno specchio,
mezzo per la sua preparazione per l’unica serata
libera della settimana e insieme riflesso della misera
realtà in cui vive ora Estrella. I soldi messi
da parte, per esempio, sono stati utilizzati per comprare
un’utilitaria da usare solamente il giovedì
per andare in balera. Estrella è sazia di queste
serate settimanali, perché “una vera
donna non immagina l’amore… Lo fa; una
vera donna non sogna la vita… La dà”.
Anche se a lei non è stato concesso.
Maurizio Panici offre una regia scarna, senza troppe
intromissioni, che lascia ampio spazio alla recitazione.
La scena dominata dal rosso (pareti, vestito, rossetto,
borsa, scenografia e scarpe) è simbolo della
passione vitale della protagonista. Le musiche fanno
da contraltare ai sentimenti di Estrella.
Un testo forse a tratti scontato quello scritto da
Gianni Clemente, ma che grazie alla bravura della
Guarnieri diventa un esempio di teatro contestualizzato
nella realtà. [valentina
venturi]