Eleonora
Danco, attrice, regista e autrice teatrale, è
in scena all’Ambra Jovinelli con due distinti
monologhi, inseriti nello stesso spettacolo.
Se nel primo a dominare il discorso sono i pensieri,
i desideri e l’amarezza di una trentenne senza
lavoro e senza futuro, che ruba a chiunque le capiti
sotto tiro, che mente ai genitori e si sente soffocare
al pensiero di entrare a casa dei suoi. E che non
sembra poter trovare una sua collocazione nella società.
Nel secondo si palesa un’inversione temporale:
Eleonora è piccola e ripercorre, seguendo il
flusso di coscienza proprio dell’infanzia, dei
momenti di vita quotidiana: l’attesa per fare
il bagno a mare, le bonarie minacce dei genitori sui
compiti, sul cibo a tavola da finire…
Sulla scena gli oggetti sono essenziali, mezzo di
evocazione più che di naturalistica visione.
In Scroscio – che la Danco precisa essere ispirato
a Taxi Driver –
sul palco c’è un materasso e un’enorme
vaso di crema, con cui la protagonista si nasconde
con l’andare avanti del racconto. Il personaggio
è invischiato nella crema come in una latente
depressione; frenesia, compulsione sessuale, desiderio
violento di farsi allontanare. A tratti le appaiono
i genitori, le sono accanto ma non emettono suoni:
soffrono.
In Nessuno ci guarda,
invece, Eleonora utilizza un tavolino di legno con
sedia e le pareti del palco: corre, si dimena, scivola
e sembra quasi posseduta dai ricordi, dalle frasi
e dai cambi di toni che i diversi personaggi esigono.
Monologo ispirato alla pittura di Jackson Pollock:
una combinazione di colori, di pennellate e di emozioni.
Più che teatro di sperimentazione, si tratta
di teatro di vita.
[valentina venturi]