Manhattan,
1950. Nell’attico del vicesindaco di New York,
spaesati e inquieti, gli invitati al suo decimo anniversario
di matrimonio si trovano di fronte alla sua misteriosa
assenza. Introvabili anche la moglie e la servitù.
Così iniziano ad aggirarsi per la casa, preoccupati
più per il fatto che a quanto pare non ceneranno
che non per quanto potrebbe essere accaduto all’amico,
fino a quando uno di loro lo trova immerso in una pozza
di sangue.
Da un classico della commedia americana scritta da Neil
Simon nel 1993, il regista Valentino Villa, attore cresciuto
sotto la direzione di Luca Ronconi, ne realizza una
versione coraggiosa ed “ibrida” evitando
di sedersi su un testo i cui meccanismi comici funzionano
con la precisione di un orologio svizzero.“All'inizio
di questo lavoro, in cui ad andare in scena è
un testo inequivocabilmente angloamericano, mi trovavo
a lavorare con un gruppo di nove attori italiani e molto
giovani - spiega il regista - che dovevano
interpretare nove personaggi di un’età
ben più matura della loro e marcatamente appartenenti
all’upper class newyorkese. Occorreva, dunque,
evitare una “cattiva imitazione” del modello
americano, comprendendo a fondo il significato sociale
che per i personaggi della commedia potesse avere la
frequentazione di un circolo del tennis o la partecipazione
ad un party a casa del vice sindaco di New York in un
attico di Manhattan. E' per questo che ho rielaborato
il testo facendo ricorso ad un lieve spostamento temporale
che potesse far sentire liberi gli attori di muoversi
in un territorio apparentemente più astratto.
Dal 1990 al 1950. Ma la vera rivisitazione dell’opera
di Simon è avvenuta in fieri e in maniera quasi
spontanea. Così, nel corso delle prove, insieme
agli attori, abbiamo progressivamente abbandonato i
canoni della commedia brillante per farci ispirare da
fonti meno ortodosse.”
L’operazione messa in piedi da Villa è
stata quella di caricare il testo di Neil Simon dei
colori forti e pastello di uno scintillante Technicolor
caratteristico della commedia classica americana degli
Anni ’50 alla Doris Day, con incursioni sul delicatissimo
territorio del musical hollywoodiano, per opacizzare
in un secondo momento queste atmosfere con i toni cupi
del thriller hitchcockiano e del surrealismo lynchiano
aprendo parentesi, che sono come gli squarci sulle tele
di Lucio Fontana, che interrompono più che arricchire
il flusso narrativo.
I numeri musicali, su base preregistrata ed in lingua
inglese, funzionano poco e mal si adattano alle inclinazioni
del giovanissimo cast, ancora acerbo ed evidentemente
emozionato dal debutto, che presenta ad ogni modo alcune
individualità da tenere d’occhio per il
futuro. Uno spettacolo originale che funziona ad intermittenza,
in scena fino al 17 Dicembre nel rinnovato teatro San
Genesio (ex Sala Molière) di Roma. [fabio
melandri]
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