I
Pathosformel, compagnia nata a Venezia nel 2004, presentano
a VIE la prima assoluta del loro ultimo lavoro La
più piccola distanza. Lo spettacolo
segna una continuità con il recente La timidezza
delle ossa (segnalato al premio Scenario 2007), per
l’utilizzo di certi elementi di tecnica artigianale
che, esaltando l’utilizzo del corpo, prendono
le distanze dai modi e dalle mode di altre compagnie
di ricerca della nuova scena teatrale internazionale,
ligie alle tecnologie più avanzate.
Lo spettacolo può essere considerato un concerto:
la musica, suggestiva, viene eseguita dal vivo con
violino e tastiera non sul palco bensì nella
consolle del datore luci. Sul palco il pubblico vede
solo un andirivieni di quadratini rossi (che potrebbero
quasi essere note musicali isteriche) che si muovono
singolarmente su sei direttrici parallele. Queste
piastrine quadrate seguono la musica, appaiono dolci
e ironiche, si muovono con un interessante macchinazione
scenica, manipolata dai due membri della compagnia
(Daniel Blanga Gubbay e Paola Villani), i quali almeno
questa volta si mostreranno al pubblico per gli applausi
(mai apparsi nello spettacolo precedente).
Tutto si concentra sul vedere, un vedere nuovo, disordinato
a tratti ironico e fastidioso. Il movimento incessante
di queste piastrine (che richiama un po’ certi
videogames degli anni Ottanta come Space Invaders,
Pac Man e altri) svela il punto di forza della performance:
le mosse quasi umane dei disumani quadratini (che
sembrano persone che si rincorrono e si seducono senza
mai scontrarsi) e il lavoro tecnico e artigiano sopraffino
che c’è sotto e che non vedremo mai.
Uno spettacolo che mostra tutta la coerenza artistica
della giovane compagnia. Lontani anni luce dal teatro,
quanto mai vicini allo sperimentalismo presente.
[simone pacini]