Ventitrè
sequenze brevi, come vere e proprie strisce dei fumetti
di Charlie Brown, a dare senso e ritmo allo spettacolo
scritto da Fausto Paravidino su commissione del Royal
National Theatre of London nell’ambito del progetto
“International Connections 2001”. L’autore
ha scelto il tema in base ad alcuni suoi precetti narrativi:
“Volevo che i personaggi fossero dei ragazzini.
Per rendere l’argomento interessante e al tempo
stesso divertente, la violenza doveva essere il tema
principale. Infine il G8 di Genova mi ha dato lo spunto
per una riflessione: lì abbiamo assistito al
massacro di un esercito da parte di un altro, con odio
inaspettato. Qual è la differenza cultuale che
ha portato ad uccidere? Questa domanda è stata
la molla di partenza per Peanuts”.
Lo spettacolo inizia con un Charlie Brown di nome Buddy
che parla con un divertente accento barese. Il ragazzo
dalla maglietta gialla custodisce per qualche tempo
la casa di conoscenti. Il divano blu molto capiente,
la televisione a “58 pollici” (ottima la
trovata dello schermo-cornice) e la totale libertà,
invogliano i suoi amici (possono definirsi tali?), uno
dopo l’altro, a prendere possesso dell’abitazione.
Tra coca cola, patatine, impronte di fango sui cuscini
del sofà, schermi distrutti e discussioni simil-puerili,
il tempo trascorre sereno. La calma relativa viene inaspettatamente
turbata quando di notte torna il figlio dei padroni
di casa. Il ragazzo spinge il neo Charlie a cacciare
i ragazzi, accampati sul pavimento. Buddy, per paura
o forse per vigliaccheria, ubbidisce negando persino
di conoscerli.
Buio. Seconda parte. Per lo spettatore lo shock è
totale. Sono trascorsi dieci anni, l’azione è
dentro una caserma. I protagonisti (in tutto undici)
sono divisi tra carnefici e vittime. Le torture, le
violenze psicologiche e fisiche sono i metodi usati
per creare un clima di terrore. Ogni scena è
inframmezzata da musiche e titoli). Ma perché?
Cosa sta succedendo? Paravidino non dà spiegazioni:
il suo compito è di descrivere la realtà…
Un’unica concessione alla riflessione: Buddy avrebbe
potuto cambiare le cose? L’ancestrale “Fra
Martino Campanaro” può essere la soluzione?
Una cosa è certa: tornare indietro è impossibile.
Il passaggio narrativo, costumistico e scenografico
tra primo e secondo atto sono netti: dal gioco sul divano
a guardare i Puffi, con abiti colorati e una recitazione
infantile, si viene scaraventati nella violenza immotivata
e inspiegabile. Il presente sovrasta il passato, le
silenziose manganellate spezzano anche il fiato della
platea. Gli attori in scena sono giovani ma esperti:
notevole e coinvolgente la loro capacità di cambiare
timbro vocale e registro recitativo.
Il produttore dell’Eliseo Massimo Monaci ha fatto
una scelta importante: allestire “Peanuts”
nella sala istituzionale dell’Eliseo è
un segnale chiaro di cambiamento. Il motivo è
presto detto: “Cerchiamo nuove forme di linguaggio
teatrale. C’è bisogno di sperimentare.
Peanuts è il primo
passo verso una collaborazione più stretta con
Valerio Binasco. Sono in programma altri quattro spettacoli
con la sua regia”. [valentina
venturi] |
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