Lovesong
di
John Kolvenbach, autore contemporaneo, debutta in
Italia al teatro Agorà, martedì 13 gennaio
2009. L’idea nasce in seno ad Officine di cotone,
un’associazione culturale di giovani professionisti
del teatro, nata per dare vita a progetti culturali
di alto livello.
Il testo narra la storia del giovane Beane, diverso
dagli altri e volontariamente isolato dal resto del
mondo. La solitudine e la diversità nella società
contemporanea sono tematiche che Kolvenbach affronta
in questo lavoro, velando la storia di una sottile
e profonda malinconia.
Beane si distingue dai suoi coetanei in primo luogo
perché non conduce una vita come gli altri:
talvolta non si cambia gli abiti per giorni ed è
abituato ad usare solo tazza e cucchiaio per mangiare.
La sorella Joan cerca di scuoterlo dalla sua immobilità
ed è forse l’unica, che, aiutata goffamente
dal marito Harry, riesce a volte ad entrare nel mondo
del ragazzo, ma solo a tratti. L’unica che piomba
come una ladra (di nome e di fatto), nella vita di
Beane è Molly, che per la prima volta permette
al ragazzo di provare le gioie dell’innamoramento.
Ma chi è veramente Molly?
La commedia di Kolvenbach lascia in sospeso lo spettatore
fino alla risoluzione finale. Interessante la regia
di Alessio Mosca, sensibile e profonda, di vaga ispirazione
brookiana, che grazie all’uso delle luci e dei
chiaro scuri divide lo spazio, creando immagini speculari
interessanti, come anche la disposizione degli elementi
scenografici. Pur apprezzando l’impegno e l’energia
sono evidenti molte acerbità in Enrica Nizi
e Davide Nebbia che interpretano i giovani Beane e
Molly; più solida la prestazione svolta da
Antonietta de Lorenzo ed Enrico Barbieri nei panni
di Joan ed Harry.
Nel complesso l’operazione culturale è
degna di attenzione, anche se necessiterebbe di un
più attento lavoro di traduzione e una limatura
precisa nella costruzione dei personaggi. [annalisa
picconi]