Teatrino
Giullare prosegue il suo lavoro con i classici contemporanei.
Dopo Beckett (Finale di partita) e Bernhard (Alla
meta) adesso è la volta di Bernard-Marie Koltès,
autore francese di culto scomparso prematuramente
colpito dall’Aids.
Il testo scelto dalla compagnia, vincitrice nel 2006
di un Premio Ubu speciale “per l'originalità
con cui usa il teatro di figura per ridare vita e
profondità di interpretazione a importanti
classici contemporanei”, è Lotta
di negro e cani, testo complesso e atroce messo
in scena per la prima volta in Francia da Patrice
Chéreau nel 1983 con Michel Piccoli in scena.
Ambientata in Africa, nel cantiere di opere pubbliche
di un’impresa francese, è una storia
di razzismo, di colonizzazione politica e culturale,
di alcolismo e violenza. Un negro è stato ucciso
o è morto in un incidente sul lavoro? La vicenda
viene rappresentata dalla compagnia bolognese con
tutti i trucchi tipici del suo teatro: giochi di ombre,
manichini, maschere, rumori sordi e metallici, vetri
e mani.
Una rappresentazione intimistica, che fa della limitazione
e della privazione fisica il punto di partenza per
svelare un universo di segni e visioni particolarissime.
Questo teatro di sottrazione ben si adatta ai testi
che la compagnia sceglie di volta in volta: testi
minimalisti, segreti, tesi come i marchingegni che
i due artisti manipolano e manovrano. A tale proposito,
sorprende non poco che siano soltanto in due ad elaborare
e muovere questa nuova singolare architettura scenica
e poetica. Giulia Dall’Ongaro e Enrico Deotti
si fanno in quattro (personaggi) per sostenere l’intero
spettacolo e si ingegnano per mantenere quella coerenza
stilistica che appartiene loro sin dagli inizi, per
trovare continuamente mezzi alternativi che rappresentino
il testo, riuscendo anche stavolta nell’impresa.
Presentato in prima assoluta a VIE Scena Contemporanea
Festival, lo spettacolo è bello e intrigante,
rende omaggio alla lingua di Koltès e merita
una lunga tournée.
[simone pacini]