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LE DUE ZITTELLE
Autore
Tommaso Landolfi
Adattamento
Anna Marchesini
Regia
Anna Marchesini
Scene
Carmelo Giammello
Luci
Angelo Ugazzi
Costumi
Santuzza Calì
Musica
Luciano Francisci
Produzione
Marisa srl
Interpreti
Anna Marchesini
Anno
2006
Genere
commedia
On stage
Note
 

Un ritmo ironico e sostenuto caratterizza questo monologo doppio interpretato solo da Anna Marchesini che scopre e recupera una sorprendente energia teatrale ne LE DUE ZITTELLE, testo letterario di Tommaso Landolfi eletto a copione dall’attrice che mette in scena tutti i personaggi e ne cura la regia.
Così, quel suo sguardo straniato e raffinato si affida totalmente al linguaggio iperbolico e beffardo dell’autore toscano, capace di cogliere gli uomini nella loro quotidianità, mettendo in risalto i difetti e le paure e disegnando figure scomposte, irresistibili, pettegole, uniche deviazioni possibili alla banalità. Nascono le immagini e le voci, soprattutto, di Lilla e Nena, le due anziane sorelle che vivono in un microcosmo familiare grottesco e bigotto con la fantesca serva Bellonia, guidate da una madre dispotica come Donna Marietta. Lo spaccato antico ma non proprio estremo di una provincia italiana annoiata e piatta, viene improvvisamente sconvolto dalla presenza dissacratoria di Tombo, la “scimia” che travolge la lenta e claustrale vita di un convento con messa blasfema, monsignore trombone e pretini isterici in un’esilarante carrellata di colpi di scena. Allora l’istrionico fregolismo nel quale da sempre si è cimentata la singolare interprete cresciuta nella compagine del celebre Trio televisivo, acquisisce nuovo mordente, supportata dalle fogge imbottite ed imparruccate contenute nei costumi di Santuzza Calì ed inscritte nella scenografia semirealistica – cucina, salotto e camera da letto – di Carmelo Giammello.
Ma il merito e l’onere di costruire in autonomia tutto lo spettacolo è ancora una volta completo appannaggio di una mattatrice in grado di variare i suoi estri lessicali attingendo al materiale artistico di tutta una carriera: proprio lei dunque, spiega i motivi per i quali affrontare e ricostruire la favola nera di Landolfi «un altro monologo sempre più difficile e senza rete, sempre più imbottito, ciarliero, chiassoso, sfrenato, polifonico e zoologico, con cui oltre che ridere, io una trina e multipla spero di raccontare un luogo e un tempo che alcuni di noi possono ricordare, altri non hanno mai conosciuto».
Un teatro onirico fatto di gesti, azione e voce esploso dal magistrale montaggio di un romanzo, pubblicato nel 1946, con un gusto un po’ retrò ma volentieri trasgressivo, fatto di immagini di sicuro dissacranti e spiccatamente ridicole. [valentina venturi]