Ciccillo
(Pierluigi Iorio), nipote scapestrato, da dieci anni
vive a Napoli e mente senza pudore allo zio Felice Sciosciammocca
(Carlo Giuffrè), di casa a Roccassecca. Il giovane
fa credere allo zio di essersi laureato in medicina
e di aver persino aperto un manicomio. La malasorte
vuole che il benefattore decida di andare a trovare
il ‘medico dei pazzi’ per vedere come vanno
le cose e come sono stati impiegati i suoi denari, in
verità spesi da Ciccillo per pagare i numerosi
debiti. Cosa fare? Al bugiardo non resta altro che inscenare
un finto ritrovo per pazzi all’interno della Pensione
Stella, i cui proprietari e clienti, a conti fatti,
del tutto sani non sembrano. Se in un primo momento
la burla sembra riuscire, ben presto gli scambi di persona
e i fraintendimenti lasciano posto alla nuda verità.
Il povero Sciosciammocca (maschera inventata da Scarpetta
per umanizzare Pulcinella) dovrà si chiedere
scusa ai presenti, ma nel contempo capirà che
“100 grammi di pazzia” sono da prescrivere
anche al paziente più sano che ci sia!
Carlo Giuffrè, che recitò anche con Anna
Magnani, ha spiegato l’origine delle opere di
Scarpetta. “Metto di nuovo in scena “Il
Medico dei Pazzi” un’altra commedia di Eduardo
Scarpetta. Certamente ci sarà ancora qualcuno
che mi domanderà perché non recito teatro
italiano e io naturalmente risponderò che lo
faccio ormai da trenta anni. Come, Scarpetta teatro
italiano? Certo perché il teatro di Scarpetta
fa parte della grande commedia dell’arte che è
stata fonte del teatro universale; proviene dalle atellane:
dalla fabula ridens, antica farsa di origine osca che
fiorisce nel II secolo a.c. ad Atella, piccolo centro
fra Capua e Caserta. Poi c’è la commedia
plautina e via via nasce la commedia dell’arte,
nascono quei grandi comici che fecero dire a Moliére
“devo tutto ai commedianti italiani” quando
nel Seicento quei comici andavano a recitare alla corte
francese”.
Tra canzoni della tradizione napoletana e balletti marionettistici,
“Il Medico dei Pazzi” scivola via senza
slabbrature o momenti di noia, grazie al meccanismo
comico perfetto, al ritmo irresistibile della farsa
popolare e alla maestria che contraddistingue l’arte
registica e interpretativa di Giuffré e della
sua compagnia. [valentina
venturi] |
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