Al Teatro Belli di Roma è
in scena “Gli occhi al cielo. Suoni, parole, dolori
dall’atomica all’11 settembre”, testo scritto
da Massimo Vincenti e diretto da Carlo Emilio Lerici. Si tratta
di un monologo basato su due voci, due madri che raccontano,
descrivono e vivono il proprio dramma di genitrici durante
la guerra. Che poi sia la Seconda guerra mondiale o l’11
settembre poco importa: il dolore è universale. Tra
loto le due genitrici sono lontane nel tempo, nel carattere
e nella realtà che stanno vivendo. Eppure vicine. Una
è giapponese e nell’agosto del 1945 vive a Kokura.
Siamo quindi nella città scelta come obiettivo della
prima bomba atomica, e poi, a causa di un improvviso temporale,
risparmiata all’ultimo istante.
L’altra madre vive a Manhattan e lavora alle Twin Towers
nel settembre del 2001...
Sono due mamme che pensano e riferiscono ogni atto e pensiero
ai loro bambini, specchiandosi nel cuore e negli occhi del
figlio. Il tempo e lo spazio implicano la necessità
narrativa di presentare la loro esperienza con termini e parole
diverse, ma in fondo le storie sono uguali: il loro dolore
è unito da un filo sottile, quello della paura e della
sofferenza che riesce ad attraversare gli anni e i luoghi.
Quella interpretata da Francesca Bianco è un’esperienza
che mischia finzione scenica e cronaca storica degli avvenimenti
che fanno da sfondo alla narrazione. Il vero e il verosimile,
quindi, si mischiano e si trasformano nella traccia testuale
che porta gli spettatori dentro e attraverso l’unica
realtà oggettiva: il dolore delle vittime di tutte
le guerre.
La scena è necessariamente scarna: luci blu e rosse
scandiscono i due tempi del dramma, uniti dalle voci dei piloti
dei due aerei. Essenzialità registica che rimanda all’essenzialità
emotiva del dolore. [valentina
venturi]