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Regia
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Terrence Malick |
Sceneggiatura |
Terrence
Malick |
Fotografia |
Emmanuel
Lubezki |
Montaggio |
Richard
Chew, Hank Corwin, Saar Klein, Mark Yoshikawa |
Musica |
James
Horner |
Interpreti |
Colin
Farrell, Christian Bale, Christopher Plummer, August Shellenberg,
Q'Orianka Kilcher, Ben Mendelsohn, John Savage |
Anno |
2005 |
Durata
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151' |
Nazione |
USA |
Genere |
drammatico |
Distribuzione |
Eagle
Pictures |
|
In
un cinema come quello attuale abituato a ritmi sostenuti e sincopati,
montaggi creativi e vertiginosi, dove il linguaggio cinematografico
è aggredito e contaminato dalle evoluzioni del linguaggio
visivo di derivazione televisiva e digitale, il cinema di Terrence
Malick rappresenta una riserva assolutamente fuori dal mondo
e particolarissima. Lo stesso Malick rappresenta un caso cinematografico
a se. Autore di soli 4 film in 32 anni (La
rabbia giovane, 1973; I giorni
del cielo, 1978; La sottile linea
rossa, 1998; The New World,
2005), la sua figura è circondata da quell’aurea
di mistero e timoroso rispetto pari forse solo a quella che
avvolgeva Stanley Kubrick.
Dicevamo del cinema “fuori-tempo” di Malick, un
cinema dai ritmi lenti, dai movimenti di macchina essenziali
ed espressivi, un cinema naturalistico ed umanistico, in cui
gli elementi della natura (terra, acqua, fuoco, cielo) e l’uomo
(con le sue espressioni verbali, con l’azione del suo
pensiero e dei suoi sentimenti) conquistano il medesimo e paritario
diritto di cittadinanza.
Non sorprende di conseguenza l’interesse di Malick nel
raccontare “la nascita di una nazione”, nel descrivere
le storie di “quelle mani che hanno costruito l’America”.
A metà strada tra storia e leggenda - quella di Pocahontas
e del suo amore per il capitano inglese John Smith, un amore
che prima unì e poi divise nel sangue due culture, due
visioni del mondo - The New World
ci precipita nella Virginia del 1607, sulle rive del fiume Chickahominy,
in cui approdarono tre navi provenienti dall’Inghilterra
- la Susan Constant, la Godspeed e la Discovery - per fondare
la prima colonia in terra americana, Jamestown.
Il Capitano John Smith (Colin Farrell) incaricato di cercare
rifornimenti, risale il Fiume Chickahominy. Nel corso della
spedizione, viene fatto prigioniero dalla tribù indiana
di Powhatan, che regna in quella regione. Condotto al loro villaggio,
incontra la figlia del capo, Pocahontas (Q’Orianka Kilcher),
che lo introduce alla cultura ed agli usi e costumi della sua
gente. Rilasciato con la promessa di abbandonare appena possibile
“il nuovo mondo”, il capitano Smith torna alla colonia
non dimentico degli insegnamenti e dei sentimenti nei confronti
della giovane indiana.
Ma i coloni sono arrivati per restare. Quando i Powhatan se
ne rendono conto, il conflitto non può che esplodere
inesorabile, dando origine al genocidio, al peccato originale
di cui l’America ancora oggi tarda ad espiare.
Sarebbe un errore considerare The New
World un semplice film d’avventura, perché
Malick riempie di contenuti assai più profondi e rimandi
evidenti, la struttura da film di genere. Quest’opera
è un inno all’amore impossibile con echi shakespeariani,
un inno al senso di perdita e colpa che cova indicibile nella
cultura e nella psicologia dell’America passata e presente,
una celebrazione di ciò che doveva essere l’America
per i suoi padri fondatori. Una terra in cui ognuno potesse
godere dei frutti della propria fatica, lavoro e virtù;
una terra in cui parole come invidia, arroganza, sopraffazione
non avrebbero dovuto trovare ospitalità; una terra in
cui vivere in pace nel rispetto delle reciproche individualità
all’interno di una comunità, come tanti fili d’erba
di whitmaniana memoria.
Ma i rimandi profondi che Malick semina in questo suo sentiero
di conoscenza, storica e psicologica, sono anche altri. Primo
e più facile tra tutti il 'Cuore di tenebra'' di Joseph
Conrad. In realtà questo The New
World può essere visto come una libera trasposizione
del romanzo di Conrad, o almeno del suo spirito se non del suo
mito. Un viaggio verso l’ignoto, dentro se stessi alla
ricerca della propria autodeterminazione come uomo, individuo,
essere. “Io vivo, quindi sono.” La risalita del
fiume Chickahominy da parte del capitano Smith, ci fa correre
la mente ad un altro viaggio per fiume da parte del Capitano
Willard (Martin Sheen) a caccia del demone abitante nella giungla
cambogiana Colonnello Kurtz (Marlon Brando) nel capolavoro di
Francis Ford Coppola, Apocalypse Now.
Le assonanze linguistiche, filosofiche ed estetiche sono così
evidenti da non sembrare per nulla casuali ed un filo rosso
continua a scorrere e legare esperienze ed autori poi non così
diversi tra loro.
The New World non è un film
per tutti, diciamolo a scanso di equivoci. Bisogna essere disposti
a lasciarsi contaminare dal ritmo placido di Malick come quello
dell’acqua che scorre lenta lungo il fiume; dai dialoghi
rarefatti come frammenti di un discorso amoroso; da recitazioni
volutamente giocate su sottotoni, sui non detti, sui congelamenti
espressivi che la macchina da presa in intensi primi piani e
dettagli esalta e decifra. Bisogna essere disposti ad aspettare
che la materia filmica contagi le nostre percezioni; bisogna
essere disposti a svestirsi delle nostre abitudini visive e
linguistiche per riscoprire il piacere della lentezza e della
riflessione. Esempio di cinema “altro”, di visione
alternativa che pone le sue basi su una poetica originale, individuale
e di conseguenza da preservare, comunque la si pensi, comunque
lo si giudichi. [fabio
melandri]
trailer
originale |
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