M. Night
Shyamalan ci ha sempre raccontato delle favole vestendole
con storie verosimili, che con la realtà avessero in
qualche modo un forte appiglio.
Ora, alla sua settima fatica elabora un processo opposto:
nella storia semplice di espiazione e redenzione di un uomo
e di una comunità, innesta elementi fiabeschi come
ninfe, demoni, protettori ed oppositori, che si incontrano,
scontrano ed interagiscono tra di loro, in un continuum tra
mondo terrestre e mondo fiabesco, il Mondo Azzurro, connessi
tra di loro da una porta, uno 'Stargate' rappresentato da
una piscina.
Come in ogni fiaba, per poterci “credere” è
necessario sospendere il principio di realtà che ci
guida nella vita quotidiana, ed in parte anche quello di verosimiglianza
che ci guida nei nostri sogni cinematografici. Tale procedura
ci permette di poter “spiegare drammaturgicamente”
come un gruppo di persone possa credere 'senza se e senza
ma' a personaggi fiabeschi che popolano il mondo degli umani.
“Il problema di quando si diventa adulti –
dice il regista – è che dimentichiamo che
tutto è possibile. Le cose che da fanciulli ritenevamo
possibili, ora diventano storie per bambini.” E
Lady in the Water nasce come
una storia che il regista raccontava alle sue due bambine
per farle addormentare.
Cleveland Heep (Paul Giamatti) guardiano del condominio The
Cove passa le sue giornate fra le lampadine fulminate, gli
elettrodomestici rotti e le richieste varie degli inquilini.
Ma, in una notte che cambierà per sempre la sua vita,
Cleveland incontra qualcun altro nascosto nella routine quotidiana
dell’edificio, una giovane e misteriosa donna di nome
Story (Bryce Dallas Howard), che vive nelle condutture della
piscina del palazzo. Cleveland scopre che Story è in
realtà una “narf”, una sorta di ninfa protagonista
di un’antica favola per bambini, perseguitata da creature
malvagie che vogliono impedirle di intraprendere il viaggio
di ritorno nel suo mondo.
In suo soccorso si adopereranno un gruppo di condomini, che
impareranno grazie anche alle doti preveggenti della ninfa
a trovare il proprio scopo nella vita.
Contrariamente alle opere precedenti di Shyamalan (Il
sesto senso, Unbreakable,
The Village), la sorpresa del
film viene svelata immediatamente, senza troppi giri di parole.
La ragione è che il vero fulcro dell'opera, nonchè
morale della favola, è lo svelamento, la rivelazione
del nostro ruolo all'interno del piano che governa le nostre
vite. Una sorta di gioco di ruolo, in cui questi vengono assegnati
grazie all'interpretazione di segni (altra costante del cinema
di Shyamalan, fino al paradigmatico e sottovalutato Signs).
Lady in the Water è un
film ad altissimo rischio. La dimensione religiosa è
quella prevalente, accentuata dalla presenza di personaggi
che potremmo definire “cristologici” come la figura
di Vick, scrittore in crisi interpretato dallo stesso regista,
il cui destino sarà quello di spargere un Verbo capace
di ricostituire il tessuto sociale di questo nostro vecchio
mondo. Una rifondazione che passerà attraverso un trauma
vigoroso. Credere è dunque la parola chiave per entrare
e comprendere un film sconsigliato ad agnostici religiosi
e cinematografici. Credere che tutti gli uomini siano legati
tra di loro; credere in un mondo fatto di possibilità
che vadano oltre quelle che possiamo vedere o comprendere;
credere che ognuno di noi abbia uno scopo, un ruolo nella
vita. Una pellicola per chi conserva l'innocenza e lo sguardo
di un bambino, anche nel buio di una sala cinematografica.
[fabio melandri]