Londra,
1937. Lady Henderson è appena rimasta vedova. Piena di
soldi e sopraffatta dalla noia, decide di impiegare la sua eredità
comprando un teatro nel cuore di Soho, il Windmill Theatre.
Non avendo alcuna esperienza in questo campo si affida ad un
vero professionista dello spettacolo Vivian Van Damm. Il rapporto
tra i due non sembra funzionare molto, lei vuole interferire
sempre, lui ha idee troppo innovative. Le scintille tra loro
sono all’ordine del giorno ma il Windmill Theatre è
sempre esaurito. Merito del revue-de-ville (spettacolo di rivista
senza interruzioni) e dei tableaux vivants (ragazze nude e immobili
sul palco).
All’orizzonte si cominciano a sentire i primi bombardamenti.
La guerra sta invadendo l’Inghilterra. La tragedia è
imminente ma il Windmill Theatre non chiuderà…
Ispirato ad una storia realmente accaduta (la vera lady Henderson
è morta nel 1944 lasciando in eredità proprio
a Van Damm il suo teatro diventato oggi un locale di lap-dance!),
Lady Henderson presenta è
un musical non-musical come lo ha definito il regista Stephen
Frears, poliedrico regista che passa con chalance da film socialmente
impegnati a film in costume a noir moderni. Qui la musica è
fondamentale trattandosi di una compagnia inglese di rivista
ma la narrazione non è cantata come nei classici musical.
Le coreografie e i numeri musicali fanno da sfondo alle divertentissime
diatribe tra Lady Henderson e Vivian Van Damm, agli scontri
con la censura del tempo, sempre attenta a proibire spettacoli
che potessero urtare il comunissimo senso del pudore, e alle
vicende sentimentali di tutta la compagnia. Inutile dire che
il film si regge essenzialmente sulla brillante sceneggiatura
di Martin Sherman (già autore di Bent
e, ahimé, di Callas Forever)
e sulla strabordante verve di Judi Dench e Bob Hoskins (entrambi
candidati ai prossimi Golden Globe e si spera anche agli Oscar).
E' un film contro la guerra, metafora della resistenza alla
censura prima e alle bombe poi, decisamente anglosassone per
humour e stile, che si erge a difensore della libertà
(dell’entertainment) proprio come il Windmill Theatre
si ergeva a rifugio per artisti e militari durante la Seconda
Guerra mondiale. [marco catola]
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