Maajid Nawaz

Come nasce il fenomeno del radicalismo islamico, che sta sconvolgendo il cuore e la mente dell’occidente? Chi sono quelle persone, quei ragazzi, quelle donne, ora anche bambini che si fanno esplodere all’interno delle metropolitane, dentro ai teatri, in chiesa? Qual è il processo culturale e psicologico che li spinge a seminare la morte pensando di fare del bene?

“Radical. Il mio viaggio dal fondamentalismo islamico alla democrazia” di Maajid Nawaz ci permette di entrare in questo mondo dei nuovi demoni di dostoevskiana memoria, attraverso l’unico modo possibile: il racconto di un ragazzo pronto al martirio che alla fine si è tirato indietro. La sua storia è quella che troviamo nel libro. Nato in Gran Bretagna, di origini pachistane, reagisce al razzismo strisciante di una società apparentemente aperta (nella periferia sud orientale, l’Essex si pratica il paki-bashing, cioè il pestaggio impunito degli asiatici), dapprima con la cultura dell’hip hop e della contrapposizione violenta, poi attraverso un graduale avvicinamento all’islam fino a diventare uno dei reclutatori più efficaci del radicalismo islamico. E qui la narrazione ci permette di capire nel concreto quella che ai nostri occhi non è altro che una parola “Reclutamento”. Chi sono i reclutatori, come agiscono, come impostato la loro rete, come si muovono, su quali basi economiche e logistiche possono contattare, quali sono le leve ideologiche e morali sulle quali spingono per trovare un esercito internazionale di kamikaze.

Come reclutatole gira il mondo richiama, addestra e motiva soldati per ripristinare Il Califfato. Inghilterra, Danimarca, Pakistan e infine Egitto dove viene arrestato e dove passerà cinque anni nei durissimi carceri del paese.

Il pregio del libro, il motivo intrinseco per cui è già diventato un caso letterario, è il racconto dal vivo, senza sconti e senza moralismi, in una sorta di “diretta” letteraria di ciò che passa nella mente di un adolescente molto dotato, delle sue trasformazioni psicologiche, fisiche e morali. Tutto è plausibile, ai nostri occhi mostruosamente plausibile: la rabbia che si converte in fede, la fede che si trasforma in violenza, la violenza che si dissolve nella furia. Racconta di sé Maajid e non risparmia dettaglia della vita privata, il padre moderato, la madre liberal, l’ amore per la moglie e per il figlio che si disintegrano quando dopo un lungo percorso avviene la trasformazione.

Radical: My Journey out of Islamist Extremism

Finita la durissima e devastante esperienza nel carcere egiziano, Nawaz invece di diventare un martire come molti dei suoi compagni di sofferenza, si ravvede, comprende all’improvviso l’orrore in cui era sprofondato e da quel momento dedica la sua vita alla deradicalizzazione. Oggi è uno dei personaggi più attivi e importanti nel mondo per quanto riguarda i diritti umani, è presidente e fondatore di Quilliam un Think Tank di contro estremismo globale.

Eppure nonostante l’argomento la scrittura a tratti appare leggera. L’amicizia degli adolescenti, le disquisizioni sull’hip hop, le scene di vita familiare, una curiosa descrizione dell’arredamento del numero 10 di Downing Street. In questi momenti si respira l’atmosfera dei romanzi di Nick Hornby. Quasi una boccata d’aria che stempera la narrazione, non rendendo “ricatattorio” il libro.

Ultima nota. Particolarmente sorprendente è conoscere il retroterra sociale, l’humus culturale in cui si coltiva il radicalismo. Un humus, a pensarci bene, non cosi diverso da certe cronache italiane. «Questa ideologia di totalitario e soffocante vittimismo aveva privato il nostro popolo della responsabilità di riformarsi, e l’unica soddisfazione rimasta era dare la colpa dei nostri mali agli altri».

TitoloRadical. Il mio viaggio dal fondamentalismo islamico alla democrazia
Titolo originaleRadical: My Journey out of Islamist Extremism
AutoreMaajid Nawaz
GenereBiografia
Anno2018
Casa editriceCarbonio Editore
Pagine314
Prezzo17,50